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Semi e biodiversità

Meraviglioso, no? Meraviglioso come ogni singola cosa che io abbia osservato o percepito attraverso i sensi sia il prodotto, più o meno diretto, di un minuscolo eppure fortissimo essere: il seme.

Causa di innumerevoli pianti da parte di mia nonna, che quando ne perdeva uno pareva aver subito un lutto, il seme è l’organo di diffusione delle piante, un oggetto tanto piccolo quanto ricco di energia vitale. Basti pensare ad una lenticchia: in quello che pare un cerchio marroncino dal raggio infinitesimale è contenuto tutto ciò di cui la piantina avrà bisogno per germogliare, dal nutrimento al DNA.

Fondamentali per il 90% del mondo vegetale, certo. Ma quanto possono risultare importanti i semi per noi esseri umani?

Un salto nel passato

Per capirlo dobbiamo tornare indietro di qualche millennio, quando tutto ebbe inizio. Circa 10.000 anni fa l’uomo fece un salto di specie, passando da animale nomade a stanziale. Fu quello il momento in cui la raccolta fu rimpiazzata con l’agricoltura, attività che è durata fino ad oggi grazie a contadini che per secoli hanno distinto, scelto, curato l’immensa varietà di semi che la Terra produce, attraverso sperimentazioni e conoscenze tramandate e condivise.

Almeno fino al secolo scorso. Agli inizi del ‘900 i progressi nel campo della genetica hanno radicalmente cambiato il mondo dell’agricoltura, portando alla produzione di OGM e alla diffusione di monoculture intensive. Un grande passo per una maggior accessibilità al cibo da parte dell’Occidente, ma un passo ancor più grande per la distruzione della biodiversità.

Secondo il WWF, la biodiversità è “la grande varietà di animali, piante, funghi e microorganismi che costituiscono il nostro Pianeta; una molteplicità di specie e organismi che, in relazione tra loro, creano un equilibrio fondamentale per la vita sulla Terra; [essa] infatti garantisce cibo, acqua pulita, ripari sicuri e risorse, fondamentali per la nostra sopravvivenza”.

Questo straordinario intreccio di organismi interdipendenti (di cui noi facciamo parte) è oggi fortemente messo a rischio dall’utilizzo di semi ibridi brevettati e dallo sfruttamento del terreno agricolo. Secondo uno studio pubblicato dalla rivista Science, la distruzione degli habitat naturali per il loro sfruttamento agricolo ha talmente ridotto la varietà di piante e animali esistenti che la biodiversità del globo è scesa sotto il “livello di guardia”, con conseguenze disastrose.

Come è stato dimostrato, la perdita di biodiversità contribuisce all’insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, mette a rischio la salute, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali. Ciascuna specie, infatti, riveste un ruolo specifico nell’ecosistema in cui vive e proprio per questo aiuta l’ecosistema a mantenere i suoi equilibri vitali.

In questo scenario spaventoso, un ruolo decisivo è svolto dai semi. Base della diffusione di innumerevoli specie vegetali, del nutrimento di animali, della nostra alimentazione e dell’ossigeno che respiriamo quotidianamente, la tutela di questi piccoli ma preziosissimi tesori è fondamentale.

A questo proposito, in contrasto con il monopolio delle sementi che è posseduto da pochissime aziende (dieci delle quali già da sole ne detengono il 75%), è stata inaugurata nel 2008 la più importante banca dei semi a livello globale: la Svalbard Global Seed Vault.

La sua funzione è quella di conservare un vastissimo repertorio di semi contro la perdita accidentale del “patrimonio genetico tradizionale”. L’obiettivo è quello di garantire il completo affidamento fiduciario della maggior parte delle 21 colture più importanti della Terra, dal riso alla noce di cocco, con le loro varietà, garantendo così la diversità genetica che può essere facilmente vittima di catastrofi naturali, eventi bellici, maneggiamenti erronei, incidenti o malfunzionamento di macchinari.

Insomma, la Svalbard Global Seed Valut costituisce un vero e proprio Eden, minuziosamente protetto e confinato tra i ghiacci impervi dell’isola norvegese.

Oggi, il nostro ruolo in questa inestricabile rete che vede legati insieme economia, natura, politica ed esseri umani, è evidente: impegnarci affinché questo patrimonio genetico venga mantenuto.

Se è infatti vero che la lotta per la protezione della biodiversità è stata condotta da attivisti del calibro di Vandana Shiva (che ha spinto in particolar modo sull’aspetto sociale ed economico della questione, cercando di tutelare i diritti dei contadini indiani) e che l’isola norvegese rappresenta una sicurezza per noi e per le generazioni future, è anche vero che c’è ancora tanto lavoro da fare, parte del quale si trova anche nelle nostre mani.

Cosa possiamo fare?

Consumare alimenti biologici (gli unici a non utilizzare OGM), spingere le istituzioni a cambiare la regolamentazione dei brevetti, appoggiare aziende ed associazioni che agiscono attivamente sul campo: questi sono alcuni dei passi che possiamo fare per continuare a dormire sotto coperte di cotone, bere caffè caldi, consumare alimenti come pane e marmellata, osservare l’infinita varietà della natura fuori della nostra finestra. Conservare l’armonia del mondo naturale in cui viviamo. 

Semi- Viaggio all’origine del mondo vegetale di Thor Hanson, ed. Il Saggiatore

Botanica- Viaggio nell’universo vegetale di Stefano Mancuso, ed. Aboca

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